Soffrire per amore, un primato ancora femminile

Soffrire per amore, un primato ancora femminile. Nuove e vecchie frontiere da ri-definire.

Soffrire per un amore finitoSoffrire per amore. Forse si dovrebbe cambiare l’ordine delle parole per rendere la stessa affermazione più attuale. Soffrire per il non amore. Parlo di quelle relazioni in cui si scambia per amore quello che amore non è. E in questo campo le donne sono più fragili.

Le donne hanno come elemento prioritario nelle relazioni “di amare”. L’uomo generalmente quello di sentirsi amato. La fine di una storia, per le donne, ha il sapore del fallimento in quello che era stato un investimento totale. Per l’uomo è di solito un pò diverso, perché scatta un egoismo per certi versi sano e che fa investire subito in altro.

Una premessa è necessaria riguardo a ciò che vogliono veramente le donne. E qui talvolta, ci disperdiamo (noi donne), nell’ambiente, dove le nostre certezze evaporano.

Se il mare è in tempesta, ci tormentiamo. Se il mare è calmo, ecco il ritornello starnazzante della lamentela. Non siamo mai soddisfatte! Ci destreggiamo tra il tormento e l’estasi. Nelle relazioni, vi chiedo, e mi chiedo, ci deve essere sempre lo squisito piacere-dolore della possibile perdita dell’idolatrato uomo che incarna l’ideale dell’amore?
Mi viene da pensare che, dopo tanta caccia con prede sfuggenti con annessa paura di legarsi, quando abbiamo una relazione in cui non c’è niente che non vada, nessuno sforzo, nessuna suspance, niente abissi di dolore e vette di gioia, ci ammosciamo perché manca la botta allo stomaco, quel filo che potrebbe rompersi e che a noi piace tanto.
Sembra paradossale, ma stare in una situazione perfetta (apparentemente) diventa stressante. E allora ci chiediamo: “la mia relazione è troppo facile… Non può andare avanti così”. L’immancabile seduzione della fuga che porta il nostro cuore e il nostro corpo verso un’altra direzione, sbagliata o no dipende solo da come la si vive. Pare che quando le cose sono troppo semplici siamo portate a sospettare. Devono diventare complicate prima che possiamo crederle reali.

Questa premessa è spudoratamente provocatoria, e vuole riportare tutte noi a riflettere sul cosa e chi vogliamo in amore!

Ritornando alle ferite d’amore e al fatto che le donne, ancora oggi detengono il primo posto sul podio dei sofferenti amore vorrei chiarire che, anche gli uomini provano dolore, ma questo risulta essere diverso, perché la sofferenza è proporzionale al tipo di investimento che si fa in amore e per amore. Alla domanda che molte donne si sono sempre fatte: “amiamo troppo?” , rispondo: troppo e soprattutto, in modo sbagliato. “In amore troppo è sempre poco”. Una frase molto autorevole e accattivante, che sicuramente appartiene esclusivamente al mondo femminile, e che ci ha consegnato il biglietto gratuito verso una sofferenza amorosa giustificata dal “non è mai abbastanza” . Gli uomini amano e soffrono, ma spesso innescano un meccanismo di autoprotezione e, nel tentativo di non soffrire più, investono sull’esterno. Che cosa significa investire sull’esterno? Significa che questi uomini si dedicano anima e corpo al successo nel lavoro, nello sport, nelle passioni, rivolgendo la loro ossessione di troppo amore non verso una persona, ma verso dei “risultati esteriori”.

Il dolore delle donne è diverso inoltre, da quello degli uomini, perché chiedono e danno diversamente nella relazione di coppia, un vincolo chiamato spesso dipendenza affettiva.

In molte donne vi è una richiesta ostinata ed esasperata di quantità di amore che eccede il fabbisogno quotidiano. E su queste fondamenta, si costruiscono amori malsani, dove spesso si tende a legarsi a uomini altrettanto bisognosi e dipendenti, che intravedono subito la preda appetibile e simile a loro, nella dinamica relazionale. I manipolatori affettivi, si nutrono di questa dipendenza per esprimere il loro tipo di relazione “malata” che hanno imparato a costruire negli anni. Uno modello di attaccamento che hanno sviluppato durante l’infanzia e che si è protratto fino all’età adulta, perchè non elaborato.

Le donne soffrono di più, perché si sono evolute nell’investire di più in un rapporto, rispetto ad un uomo. All’origine di questo male d’amore, ci sono inoltre, strutture proprie della società moderna. In particolare la libertà sessuale e l’autonomia individuale. Conquiste importanti, senza dubbio, ma fonti di una nuova disuguaglianza tra sessi, e quindi di una nuova sofferenza femminile.

Pertanto ritengo necessario, almeno vorrei che lo fosse, di leggere questo articolo, sia come uno spunto per riflettere ancor di più sul nostro modo di amare e di chi andiamo a scegliere, sia come un tentativo di contrastare l’idea dominante che per sua natura l’uomo, sia psicologicamente e biologicamente inadatto a legarsi, e che la donna dovrebbe modificare il proprio atteggiamento psichico per trovare e mantenere l’amore.

Certo è che oggi, troviamo frequente nell’uomo, intervistando molte donne, amiche e conoscenti, quella che viene chiamata “fobia da impegno”.

È un panorama, quello di oggi, caratterizzato dalla scomparsa dell’impegno, in cui le relazioni vengono costruite sulla base di una maggior flessibilità, di una contrattualità più a breve termine, di una maggior capacità di tirarsene fuori. Una società precaria, anche in amore, dove si ha paura anche di iniziare un rapporto o nel definirsi “coppia”. Difatti è molto di moda lo slogan “no, ma noi ci frequentiamo”, come se nel dire “stiamo assieme”, ci fosse troppa pesantezza e impegno.
Piuttosto che patologizzare – sempre –  il comportamento maschile, dovremmo chiederci anche, che genere di relazioni sociali rendano possibile e persino desiderabile la “paura” o la mancanza d’impegno.

Sovrabbondanza di disponibilità sessuale ed emotiva delle donne? Questo può generare una scarsa motivazione da parte dell’uomo, a “competere e combattere” per la donna prescelta. E’ tutto facile, veloce; fast food, crudo e mangiato insomma.

Dipendenza affettiva, confusione e nuove configurazioni dei ruoli donna-uomo, voglio e non voglio della donna, forte investimento in amore, troppo e subito. Riconsiderare e ricollocare, al posto giusto,  tutti questi elementi ritengo sia fondamentale, non solo per trovare risposte pratiche, ma per ritornare ad un sano equilibrio nel rapporto d’amore.

 

Chi sonoGaia, psicologa e antropologa dell’amore. Non esercito la professione in modo tradizionale, preferisco qualcosa di più movimentato, difatti ho scelto di diventare una PsicoScrittrice in prima linea, nel pronto soccorso del web. Mi ritengo una sopravvissuta dell’amore e mi diverto ad esercitare la scoperta dell’universo maschile e femminile in tutte le sue sfaccettature. Talvolta scomoda, perché rompo le acque “apparentemente calme”, ai nostalgici dei sentimenti e ai sentimenti. Dobbiamo farcene una ragione; per quanto sia ancora incomprensibile, e per molti inaccettabile, Adamo ed Eva stanno pareggiando i conti in fatto di problemi di cuore, e problematiche di disagio affettivo.

Sono nata e cresciuta nel Diario di Adamo di Vanity Fair, con la mia rubrica “PsicoGaia” , e collaboro, sempre come psicologa nella rubrica Benessere di Vanity Fair. A breve andrò in sala parto per dare alla luce il mio primo libro. Un manuale di prevenzione amorosa per donne single (e non solo), che vuole sbugiardare qualche maschietto e mettere al riparo, con cure amorevoli, le affezionate del principio “in amore, troppo è ancora poco”.

Il mio desiderio più grande è quello di far nascere in voi donne, una nuova consapevolezza: gli uomini sbagliati o non adatti esistono, ma perché andarseli a cercare a tutti costi?

 

I miei riferimenti se volete:

Vertigini dal cuore email: psicogaia18@yahoo.com;

account Twitter: psiscogaia18, usando l’hashtag #PsicoGaia

pagina FB: https://www.facebook.com/gaia.parenti.35


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